Una città ha
la forma delle persone che la vivono. Io ne cerco alcune in particolare: cerco
la foresta che cresce, perché mi sono stancata del rumore degli alberi che
cadono. Così ho pensato a Cristina. Mi ricordo di lei ai tempi di Buon Gusto
Marche, la rivista culturale alla quale abbiamo collaborato entrambe per un
breve periodo. Ci siamo frequentate poco, però la ricordo per il sorriso e per
il suo silenzio competente, virtù di pochi. L’ho ritrovata in rete, su
Facebook, impegnata con la petizione per la rimozione della
statua Violata.
Cristina
Babino non ha ancora quarant’anni, ma ha all’attivo viaggi, lavori ed
esperienze culturali che molti non fanno in una vita intera. Se volete saperne
di più, guardate qui, qui equi.
“Sono nata ad Ancona – racconta – ho
compiuto studi linguistici alle scuole superiori e mi sono laureata al DAMS di
Bologna. Mi interessano le arti, in particolare l’arte visiva, la scrittura e
la traduzione”. Dopo la laurea è andata all’estero, “per necessità – dice – e
per scelta: necessità di fare un’esperienza di lavoro seria e stabile, cosa che
nella mia città non mi era stata possibile, e scelta di conoscere e vivere
culture diverse, di aprire la mente a nuove esperienze. Non ho abbandonato la
speranza di poter tornare, un giorno, ma almeno per i prossimi anni non ne vedo
i presupposti purtroppo”. Così nasce il suo twit per Ancona, quello che chiedo
a tutte le persone con cui mi confronto sulla città: “#twitAncona la mia casa a
cui spero un giorno di tornare”.
“Nel 2005 – prosegue - stanca
delle condizioni sempre precarie del lavoro, ho deciso (non con leggerezza) di
trasferirmi in Inghilterra, a Bristol, dove per alcuni anni sono stata
impiegata di una multinazionale. Quindi nel 2008, vista una possibilità che si
era aperta per mio marito, ci siamo trasferiti in Francia, ad Antibes. Dopo la
nascita di mia figlia ho cominciato ad occuparmi più stabilmente di traduzione,
dall’inglese e dal francese. Attualmente sto traducendo per l’editore Vydia una
raccolta del poeta americano John Taggart, e sarà il primo suo volume mai
apparso in Italia”.
E a questo
punto cosa resta di Ancona?: “E’ la mia città e sempre lo resterà. Poche persone, credo, restano
attaccate alle proprie radici come quelle che se ne vanno. Amo i suoi scorci,
la sua bellezza dissimulata e sorprendente, amo profondamente il suo mare (e se
mi guardo indietro mi accorgo di essere sempre vissuta vicino al mare,
nonostante tanto girovagare. Un motivo ci sarà!). Ogni volta che ne ho la
possibilità mi adopero per far conoscere ai miei amici che vengono da fuori le
ricchezze che la città custodisce. E tutti restano, immancabilmente, sorpresi
ed entusiasti. Ad Ancona ci sono la mia famiglia, i miei amici e i miei
parenti. Tengo anche molto a che mia figlia, che è nata in Francia, conosca i
luoghi da cui veniamo. E nonostante il suo già spiccato accento francese, è
bello sentirla pronunciare delle parole in anconetano dopo aver passato qualche
giorno in città. E’ musica per le mie orecchie!”
E quando
torni noti che Ancona è cambiata? “Da qualche anno a questa parte, ogni volta che
torno, la trovo cambiata, e non in meglio: più sporca, degradata, specie in
alcuni quartieri che mi sembrano ormai al limite della vivibilità, lasciata a
se stessa. In via Torresi,solo per fare un esempio, vicino alla mia casa
materna, trovo da tempo immemorabile ormai un muro crollato a ridosso del
marciapiede. Sta puntellato malamente da anni, ed era così ancora poche
settimane fa, quando sono ritornata. Alcuni cittadini per protesta hanno
attaccato un lenzuolo con scritto “rivogliamo i marciapiedi”. Ecco, credo che
questa, per i cittadini, sia una grande umiliazione. Dover protestare per
riavere un marciapiede agibile che non costringa a scendere sulla carreggiata
rischiando di essere investiti per percorrere la propria via. E mi chiedo come
possa un’amministrazione non fare di tutto per mettere mano a certi problemi
urgenti ed evidenti in tempi accettabili. Questo è solo un piccolo esempio, ma
significativo, della situazione di generale abbandono e incuria in cui versa la
città. Una situazione che poi si ripercuote inevitabilmente anche sulla vita
sociale e culturale”.
Per questo
motivo ti sei dedicata con così tanto impegno alla raccolta di firme
nella petizione per la rimozione della statua Violata? “Quando ho saputo
della notizia che ad Ancona si sarebbe eretto un monumento dedicato alle donne
vittime di violenza sono rimasta positivamente colpita. Poi ho visto un video e
delle immagini che ritraevano la statua e sono rimasta basita. Non potevo credere
che quell’opera fosse stata scelta proprio come simbolo di un tema tanto
drammatico, urgente e delicato. Al di là di qualsiasi giudizio estetico, che
ciascuno può legittimamente formulare, penso che quella statua non faccia che
riproporre l’immagine stereotipata della donna come semplice preda sessuale,
resa ancor più accattivante dall’esibizione ad hoc delle sua nudità, riducendo
la violenza di genere al solo stupro, quando le cronache ci indicano che il
fenomeno è molto più complesso e articolato e si manifesta in una molteplicità
di atti oppressivi della libertà e della dignità della donna, che quest’ opera,
semplicemente, non riesce in alcun modo a cogliere e quindi a veicolare. La sua
collocazione sulla rotatoria, oltretutto, non consente, neanche sforzandosi, la
minima riflessione: sfrecciandoci davanti in mezzo al traffico cittadino dubito
che qualcuno si senta chiamato in causa”.
“Il mio
pensiero personale – prosegue Cristina – sarebbe rimasto tale se poi non mi
fossi accorta che moltissime altre persone la pensavano come me. Quando sono
arrivata sul gruppo facebook che chiedeva la rimozione della statua i
partecipanti erano già quasi 900, cittadini anconetani e non. Poi mi sono
confrontata con una donna che mi è molto cara, Francesca Baleani, una persona
meravigliosa piena di forza e dignità che anni fa ha subito un atto di inaudita
violenza da cui è riuscita miracolosamente a salvarsi, e ci siamo ritrovate a
pensarla allo stesso modo, a provare le stesse sensazioni di rabbia e offesa
per l’esito di questa iniziativa. Quindi ho deciso di avviare la petizione online per vedere quante persone effettivamente,
oltre a commentare su facebook, erano disposte a mettere la firma per questa
protesta, che non è assolutamente contro l’artista o la statua in sé (per la
quale chiediamo un’altra sede, anche museale, quindi massimo del rispetto!),
come abbiamo ripetuto fino allo sfinimento, ma contro questa statua come
simbolo imposto sulla collettività e invece evidentemente non condiviso,
neanche da tante donne vittime di violenza, che ci hanno personalmente
ringraziato per aver avviato questa protesta”.
La risposta
delle istituzioni? “Forse
io vivo all’estero da troppi anni e mi stupisco per cose che in Italia vengono
considerate “normali”, ma per l’esperienza che ho avuto all’estero non esiste
che un cittadino, anche uno solo, si rivolga a un’istituzione o a un esponente
politico senza ottenere alcuna risposta diretta, qualunque essa sia. E’ una
questione di civiltà e spero che in Italia prima o poi le istituzioni e le
classi dirigenti se ne accorgano. Quando ho avviato la petizione, non avrei mai
pensato di mettere insieme più di qualche centinaio di firme. Non sono che una
sconosciuta semplice cittadina del resto, per di più residente all’estero da
anni. Senza dubbio le priorità per Ancona sono molte e vanno affrontate con
urgenza, ma banalizzare un tema attuale e gravissimo come la violenza di genere
e la sua rappresentazione simbolica, è una leggerezza fatale. In pochi giorni
siamo arrivati a mille firme e oggi siamo a 2050: da Ancona, dalle Marche e da
tutta Italia. Hanno firmato molti intellettuali,giornalisti, scrittori, artisti
e soprattutto molte donne vittime di violenza, familiari di donne che sono
decedute per mano violenta e una quindicina di associazioni e centri
antiviolenza, professionisti che si battono quotidianamente contro questo
terribile fenomeno e che sanno benissimo quali sono le priorità e gli
interventi che esso richiede con urgenza”.
E ora cosa
ti aspetti? “che
la prossima amministrazione – se non le istituzioni che hanno promosso
l’operazione Violata (cosa che sarebbe oltremodo auspicabile, visto il
ruolo che sono chiamate a ricoprire) – si dimostri aperta al dialogo sulla
questione e disponibile a trovare insieme una soluzione che sia il più
possibile condivisa con la cittadinanza, e non più imposta. Se rapportarsi con
le istituzioni locali è stato sin qui decisamente deludente, questa vicenda mi
ha dato modo di conoscere, e in qualche caso riscoprire, molte persone di
grande valore e sensibilità e che voglio ringraziare : Alessandra Carnaroli,
che con me è promotrice della petizione e che conoscevo prima solo attraverso
la sua scrittura, Luigi Socci, che si è dimostrato da subito molto attento alla
questione, le creative Luna Margherita Cardilli e Ljudmilla Socci, e poi
Emanuela Ghinaglia ed Elena Pascolini, che si sono adoperate molto per portare
avanti la protesta. Cito qua solo le persone con cui ho avuto maggiore scambio,
sapendo di fare torto (e me ne scuso!) a moltissime altre che ci hanno
sostenuto a vario titolo. Ancona, nonostante sembri spesso una città sonnolenta
e sconnessa, che si lascia vivere e negli ultimi anni quasi un po’ morire, ha
delle grandi potenzialità e risorse da valorizzare (a livello culturale penso
ad esempio alle belle rassegne organizzate alla Mole o il Festival La Punta
della Lingua) e gran parte di queste passano anche per le tante persone capaci,
competenti e impegnate, molte delle quali giovani, che vi risiedono. E’ un
patrimonio da far fruttare e sono convinta che anche attraverso la possibilità
di farle contribuire attivamente passi il futuro prossimo di Ancona.
DI Margherita Rinaldi
28 maggio 2013
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