Urlo Violata è di Carla Giacchella, Gioconda Violata e Venere Violata sono di Eugenio Saguatti

Che storia è questa?

Il 23 marzo 2013, appena fuori da una galleria e dal centro di Ancona, viene inaugurata “Volata”, il monumento in onore delle donne vittime di violenza, voluto da diverse istituzioni tra cui il Comitato per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna della Regione Marche e realizzato da Floriano Ippoliti sul modello di una sua precedente opera titolata Donna con borsa. La statua, un po’ per il colore, un po’ per l’opinabile messaggio, viene prontamente avvistata da Emanuela Ghinaglia, rappresentante del comitato Se non ora quando di Cremona, che lancia un appello su facebook al fine di rimuoverla. Cristina Babino e Alessandra Carnaroli sono le promotrici della petizione, che nel giro di pochi giorni supera le 1700 firme, loro iniziativa anche i numerosi appelli e comunicati stampa rivolti alla Commissione Pari Opportunità nella continua ricerca di un confronto e un dialogo sulla questione.

Violata ha già iniziato un nuovo viaggio e ha già conquistato nuovi significati, grazie a tutti coloro che hanno partecipato ironicamente, artisticamente, ideologicamente, concettualmente, teoricamente e praticamente alla protesta. Questo blog prova a raccogliere i contributi, gli articoli e la documentazione relativa alla vicenda, senza escludere anche i pareri favorevoli alla statua.

Qualsiasi sia il destino di Violata speriamo non sia quello di rappresentare le donne vittime di violenza, nella speranza che questo episodio sia l’espediente per affrontare meglio la quotidiana tragedia di cui le donne non dovrebbero più essere protagoniste, perché il rispetto è un diritto SEMPRE, come recita la targa su cui poggia Violata…

Elena Pascolini


venerdì 28 giugno 2013

Monumenti dedicati alle vittime di violenza Flor de Arena, Campo Algodonero - Messico

altri monumenti dedicati alle donne vittime di violenza, da sinistra in alto: Ciudad Jaurez, Washington, Ontario, Bosnia, North Korea, Montreal, Ottawa, Ontario, Congo






Monumento contro la violenza domestica, St Maartens Antille Olandesi







Women's Monument, Ontario
Monumento alle donne vittime di violenza, Sud Kivud - Congo
London Women's Monument, Ontario
Monumento alle Sorelle Mirabal, Puerto Plata Santo Domingo
Flor de Arena, Campo Algodonero - Messico




Monumento in memoria delle donne e dei bambini vittime di sfruttamento sessuale, Bergen New Jersey


Women's Monument, Ghana




Nel blu dipinto di blu La statua contro il femminicidio di Ancona

Ad Ancona è stato inaugurato, per la prima volta in Europa, un monumento contro il femminicidio.
Si potrebbe discutere su cosa voglia dire fare un monumento contro, ma non stiamo a sottilizzare. C’è ben altro.
Il monumento è questo:
La statua è in bronzo: ho visto un video in cui è evidente che il colore in realtà non è blu ma verde, ma comunque, diciamolo, la statua sfiora o forse oltrepassa lo sprezzo del ridicolo. Del resto se si guarda il modello, che non è colorato, non è che la mancanza del blu salvi la situazione (notate il pube – maliziosamente? – mezzo scoperto, poi corretto nell’immagine finale):
Una nota sulla borsetta: il riferimento (di dubbio gusto) dovrebbe essere all’omicidio della signora Reggiani, dato che vedo in rete una dichiarazione dell’artista autore dell’opera, Ippoliti, che dice:

Ero rimasto molto colpito – spiega Floriano Ippoliti – da un fatto di cronaca avvenuto due tre anni fa: una signora tornando dalla spesa era stata violentata e uccisa. Mi chiesi come avrei reagito, cosa avrei provato se fosse successo a mia moglie. La cronaca ci riporta immagini di donne violate con il capo reclinato, in atteggiamento di grande sofferenza e grande timore. Io invece ho voluto rappresentare una donna che reagisce, che per prima cosa raccoglie la sua borsa e poi rialzandosi guarda fiera al futuro, non lasciandosi intimidire dalla violenza subita”

 Allora: Ippoliti ha ragione (l’unica cosa) nel dire che sono stereotipate le immagini, come questa qui a lato, usate di solito sui media per illustrare i casi di violenza. Ma per reagire allo stereotipo mette in scena la cugina di Sub-Mariner (anche le tette sembrano opera di un disegnatore Marvel) con la borsetta. Perché una donna violentata si rialza e riprende la borsetta. E continua fiera il suo cammino verso il futuro. Con la borsetta.


Sarà.

Buttiamola in politica

A molti la statua pare brutta: non sono convinto. Probabilmente è concepita male, perché permette le facili ironie che anche io ho usato, ma brutta non saprei.
Invece è politicamente che è impresentabile. In Messico si parla di femminicidio per le migliaia di donne rapite, violentate, uccise e fatte sparire nel deserto come prova di machismo da parte deinarcos. Siamo lontani anni luce dalla borsetta.
Ma anche rispetto all’Italia si travisa il fenomeno: perché da noi il termine “femminicidio” è riferito principalmente a donne uccise (uccise: quindi non si rialzano verso il futuro) in famiglia (cioè in casa, dove di solito una non gira con la borsetta) da persone ben note, parenti o fidanzati (non dal primo rom che incontri tornando dal fare la spesa). Ippoliti si presta quindi a un’opera di travisamento e di mistificazione con venature consolatorie del fenomeno che vuole rappresentare, non dissimile da quello operato da tante statue dedicate ai caduti:

Qui c’è il fucile al posto della borsetta, ma per il resto ci siamo, direi. La retorica patriottarda e militarista ha prodotto i monumenti ai caduti, ad Ancona è all’opera un altro tipo di retorica.

Parole vuote

Il che ci porta alla riflessione che ho fatto per prima cosa vedendo la statua. Ma un monumento contro il femminicidio, come dovrebbe essere? Ancora prima: ma che senso ha fare un monumento su questo tema? Per rappresentare cosa? Un monumento esprime una parola o una memoria collettiva su un argomento: in questo caso che cosa avrebbe voluto mettere in comune la gente di Ancona, anche prescindendo dalla interpretazione di Ippoliti?
Il problema è che non ci sono risposte facili, o ovvie, e l’impressione è che le buone signore della Commissione Regionale per le Pari Opportunità delle Marche che hanno commissionato l’opera non la sappiano neanche loro, la risposta, ma abbiano un’idea molto generica, anzi liquida, della questione: qualcosa su cui tutti sono contrari, ci mancherebbe, che va dalle violenze psicologiche all’omicidio e che ognuno si taglia e si cuce un po’ a misura sua. Vallo a fare un monumento, con queste premesse.
Occhio: non sto dicendo che il tema del femminicidio non sia rappresentabile in assoluto. Pochi giorni fa in varie piazze in tutta Italia sono state deposte delle scarpe rosse, per ricordare le donne che non le potranno più indossare. Ma quella è unamanifestazione, un flashmob, serve a catalizzare attenzione, a far convergere le energie verso un obiettivo comune. E comunque, anche se le scarpe rosse sono simbolicamente più forti e esteticamente più gradevoli della statua di Ancona, anche loro non è che veicolino un grande contenuto, eh. Anche in questo caso se si prova a tradurre il gesto poco dopo si arriva a un punto morto.
Il problema è che le parole, tutte le parole, dopo un po’ si svuotano del loro significato e diventano innocue, oppure dei semplici segnali a cui nessuno dà peso.
Facciamo un esempio: la parola ecologia. Se trent’anni fa era dirompente, adesso non vuol dire più niente, tant’è vero che l’AGIP se ne può ammantare nelle sue pubblicità facendo vedere petroliere e delfini felici. Si è corsi ai ripari con ambiente o verde ma anche lì nel momento in cui il potere se ne impossessa si compie una parabola e servono non più sinonimi nuovi ma significati nuovi e politiche nuove.
Un esempio che mi è più prossimo? Vicino a casa nostra c’è un ulivo meraviglioso, piantato anni fa daiLions “per la pace”. Ora, a parlare di pace in questo modo sono bravi tutti: poi nel frattempo l’Italia ha bombardato due volte l’Iraq e una volta ciascuna Serbia e Libia, ma nel parco di Bonaria c’è un ulivo per la pace. Secondo me ai Lions non fa problema, o perlomeno “pace” vuol dire talmente tante cose che puoi avere insieme l’ulivo e i bombardamenti.
Sto pensando di aggiungere una nuova regolaquando su una parola è possibile per il Rotary fare un monumento (o un convegno), allora quella parola è innocua.
Ho l’impressione che la Commissione Pari Opportunità delle Marche sia un po’ tipo il Rotary de noantri, quindi direi che la catastrofe della statua segnala, soprattutto, che “femminicidio” è una parola che non vuol dire più niente: buona per fare gazzosa e poco altro.
Il che però apre un altro problema: “ecologia” ci ha messo trent’anni a logorarsi. Di femminicidio si parla in Italia da molto poco ed è una parola attorno a cui si aggregano militanze. Come è possibile che sia già merce da pii comitati? Non dovrebbe avere mantenuto più a lungo una certa carica eversiva (prescindendo dal fatto, non del tutto insignificante, che un paio di centinaia di donne all’anno continuano a morire)?
Secondo me, qui, c’è un problema politico, che forse dipende anche da come il tema è stato impostato e dalla qualità delle militanze che lo portano. Nei vari dibattiti in rete ho visto questo commento, così corrosivo da essere sgradevole
Chiunque sia l’autore/autrice, dirà che non capite nulla d’arte; che l’arte non deve essere né pedagogica, né naturalistica e che neppure deve piacere. Siete voi a non capire. Le parole che vengono a me sono queste: è un degno monumento alla retorica che si fa sul femminicidio. Argomento di cui tutti parlano ma sul quale, andando alla sostanza, non ho ancora letto una proposta concreta e decente che sia una. Indubbiamente è un buon argomento per spandere fiumi di inchiostro, arricchire curriculum, favorire carriere e fare bella mostra di sé per intellettuali, politici, comici, e, da oggi, a quanto pare, anche per artisti.
È pesante, però c’è dentro parecchio di condivisibile. È il femminicidio un tema un po’ radical chic, o adatto a signore borghesi di una certa età? Che peso ha il concetto nella vita delle giovani o delle giovanissime, delle donne poco istruite o economicamente svantaggiate? La Boldrini ha promesso una legge. Abbiamo istituito la Giornata delle Memoria: l’antisemitismo in Italia è aumentato e Casapound e Forza Nuova sono arrivati a presentarsi alle elezioni. In questo caso una legge sarebbe una vittoria o il chiodo definitivo sulla bara, che consegna una volta per tutte il tema alla retorica ufficiale?
Forse, se non si vuol buttare via l’acqua sporca insieme con il bambino, qualche contenuto in più al dibattito sul femminicidio glielo si dovrebbe dare.
Altrimenti si può sempre chiedere al Rotary di organizzare un convegno.
Roberto Sedda

mercoledì 26 giugno 2013

Una donna qualsiasi

Io sono una persona molto qualsiasi e ho deciso di rappresentare le persone molto qualsiasi  nella battaglia contro la statua Violata che pretende di onorare le vittime di violenza. C’è bisogno anche del parere di  noi qualsiasi dal momento che  a essere stuprate, uccise, picchiate, insultate e spesso umiliate per futili motivi può essere proprio qualsiasi donna, anche una che abbiamo avuto al nostro fianco e che abbiamo ammirato incredibilmente per il suo spirito, la sua tempra e la sua forza d’animo. Sto parlando di una persona che ho conosciuto e che  ricordo sempre con immenso piacere: una ragazza che sembra la fatina primavera ma con l’humor di Letterman   e  la forza di Giovanna D’Arco. L’ho incontrata durante un terremoto perché lei ha la passione di andare a soccorrere le persone qualsiasi dopo i cataclismi, lo fa veramente come se facesse una cosa qualsiasi, senza mai una parola di autocelebrazione, senza mai vantarsene e senza mai postare foto su facebook.  Credo che ci unisca questo essere profondamente due persone qualsiasi, forse per questo motivo, dopo tanto tempo che non ci sentivamo, mi ha mandato un messaggio dove mi scriveva che lei, quella statua, non la può guardare, che ha cambiato strada per andare al lavoro pur di non trovarsela di fronte, che secondo questo stesso principio allora si dovrebbe fare  una statua di bronzo di un ragazzo insanguinato tra le lamiere contorte, per ricordare le vittime della strada. E anche la statua di una piccola bara bianca circondata di parenti devastati, per sensibilizzare sul problema delle morti infantili. Perché ci sono tematiche che richiedono metafore e delicatezza e altre che ci vengono sbattute in faccia senza nessun rispetto? Perché, lei, vittima di violenza deve ricordare quello che ha passato in maniera così brutale?

Io non lo sapevo e non me lo potevo immaginare e ho fatto un pensiero che non si deve fare ma mi è uscito così e quindi lo dico. Ho pensato: no! Tu no! Tu non lo meriti! Ovviamente subito dopo ho pensato: ma chi se lo merita? ma chi si merita di essere brutalizzato e poi commemorato da questo oggetto inutile? Le donne morte non possono più dire la loro ma le sopravvissute possono solo cercare di non guardare e di cambiare strada. Chissà che fanno gli stupratori, i violenti, gli assassini davanti a Violata?  Me lo sono sempre chiesto. Chissà quante riflessioni e rimorsi di coscienza suscitano quelle grandi chiappe verdi e quella orribile borsetta,  chissà quante violenze scampate grazie a questa visione ispirata!
 La verità  è che neppure il suo autore, neppure le sostenitrici, le promotrici, e tutti coloro che appoggiano questa assurda statua, se la meritano.
Ovviamente questa persona di cui vi ho parlato chiede di rimanere anonima perché, di persone molto qualsiasi come lei ne incroci a bizzeffe tutti i giorni ma non ti diranno mai che in effetti fanno cose straordinarie e alle volte subiscono anche ingiustizie straordinarie.

Elena Pascolini

Come e quanto le donne sono complici dello stesso incubo di cui sono vittime?

La violenza contro le donne in ambito domestico sembra aver subìto la sorte di tutti i grandi «rimossi» della storia: comportamenti umani considerati a lungo «naturali» e per questo destinati a diventare invisibili che vengono improvvisamente allo scoperto, tra lo stupore e l’incredulità. È stato così per la sessualità femminile, identificata a lungo con la procreazione, e per la divisione sessuale del lavoro, regolata sulla base dei ruoli complementari dell’uomo e della donna.
La centralità che è venuta prendendo una vicenda drammatica, dai risvolti culturali e politici profondi, dopo essere stata a lungo confinate nelle «brevi di cronaca», è certamente importante. Ma il passaggio successivo avrebbe dovuto essere l’analisi del fenomeno in tutti i suoi aspetti, compresi quelli più ambigui e contraddittori.
Lo sguardo portato quasi esclusivamente sulle vittime, laspettacolarizzazione della violenza attraverso la fiction televisiva o la messa in scena teatrale -che è quello che sta accadendo- può portare invece, senza volerlo, all’effetto opposto.
Ne è esempio evidente il monumento eretto il 23 marzo 2013 su una piazza di Ancona «in onore di tutte le donne vittime di violenza»: la figura femminile così come vi è rappresentata – abiti stracciati che coprono a mala pena alcune parti del corpo, lasciando scoperte le natiche, gambe divaricate e sguardo vuoto fisso davanti a sé – è, come è stato notato da più parti, «unperfetto oggetto sessuale», una donna violabile, più che «violata».
Un osservatorio più complesso è quello offerto dal libro del blog La 27 Ora Questo non è amore (Marsilio 2013), sia per la varietà delle voci chiamate a dar conto della violenza da prospettive diverse – avvocati, medici, forze dell’ordine, operatori dei centri antiviolenza -, sia per aver raccolto le testimonianze di vittime e uomini maltrattanti consapevoli dell’ambiguità dei loro comportamenti.
Il riferimento alla «cultura» dentro cui va a collocarsi l’esercizio del potere maschile nelle sue forme più arcaiche – come potere di vita e di morte – perde l’astrattezza con cui viene nominato dai media per incorporarsi nelle fantasie e nei pensieri delle figure sociali che ne sono, sia pure in modo diverso, coinvolte.
Vengono così in primo piano i legami inquietanti e apparentemente inspiegabili tra amore e violenza, libertà e pulsioni incontrollabili, tenerezza e rabbia, ribellione e resa incondizionata. Allo stesso modo diventano imprescindibili domande scomode che ancora si esita a formulare:
Come e quanto le donne sono complici di quello stesso incubo di cui sono vittime»
Da dove nascono le fragilità e le paure maschili per produrre così “naturalmente” un atto aggressivo?
Se è importante – come recita il titolo del libro – dire che «non è amore», lo è altrettanto riconoscere, come emerge dalle testimonianze, che la violenza parla purtroppo il linguaggio di un amore attraversato da logiche di guerra, che la vittima e l’aggressore a volte sembrano scambiarsi le parti, in un circolo vizioso senza fine.
«Avevo mille dubbi. E anche sensi di colpa. Forse qualcosa nel mio comportamento poteva averlo spinto a tanta rabbia scatenata. E poi mi vergognavo. Cosa avrei raccontato alle tante persone che incontravo ogni giorno?» (Ileana Zacchetti, assessore alle Pari opportunità del comune di Opera).
«La prima volta che mio marito mi ha picchiata sono rimasta sorpresa, ma l’ho presa come una dimostrazione di affetto: anche mio padre da piccola mi picchiava sempre. Se mi menava era perché mi amava. Me lo meritavo, avevo sbagliato io. Anche lui lo diceva: stai buona, non capisci niente» (Sara).
«Ho studiato psicologia. So benissimo quali sono i segnali da non sottovalutare. Ero consapevole che sarebbe andato tutto a rotoli. Ma non volevo rassegnarmi. Non volevo perderlo. Mi chiedeva sempre scusa tra le lacrime. E io ricascavo nel meccanismo: “io ti salverò”» (Giovanna).
«C’è stato un momento in cui le ho stretto le mani intorno al collo. Lei è andata al Pronto Soccorso. Era sotto shock, come lo ero anch’io. È stato un momento davvero drammatico. Siamo anche tornati insieme. Ora conviviamo ma non siamo più una coppia. L’amore è finito. Ma le sono vicino, cerco di non farle mancare nulla. Le voglio tanto bene (…) L’uomo violento è un uomo fragile, estremamente fragile, le sue paure vengono da chissà dove. A volte hanno paura delle donne, quando riconoscono la loro superiorità o vedono che la loro compagna diventa autonoma. Si diventa gelosi. Non volevo essere il padrone di questa donna. Le mie paure erano dovute al fatto che non riuscivo a gestire il rapporto in maniera matura (…) avevo paura di restare solo. Mi ero abituato alla convivenza. Anche adesso sono abituato. Vado a casa, la vedo e mi fa piacere sapere che è ancora lì» (Francesco).
«La sera prima mi aveva fatto una scenata, le avevo detto che era finita, che non ne volevo più sapere, che non ero più padrone delle mie reazioni. E il giorno dopo si è ripresentata chiedendomi scusa (…) l’ho mandata via in malo modo. Quando mancano le parole non sai più cosa fare» (Mario).
Nel momento in cui quello che sembra essere il nodo diabolico della violenza domestica – «regali un giorno, coltello alla gola il seguente» - viene portato fuori dagli interni di famiglia, anche la complicità che ne ha permesso una sopportazione senza limiti perde le ombre del mistero e dell’inspiegabilità.
Si fa più chiara, in questo modo, anche l’urgenza di avviare processi educativi e formativi che partano da quella che è stata considerata finora la «normalità» del rapporto tra i sessi: in quanto vicenda «privata», gerarchia di potere, separazione tra ruoli produttivi e riproduttivi, responsabilità sociali e politiche e compiti di cura.
Se la violenza manifesta – stupri, maltrattamenti, persecuzioni, omicidi – è rimasta così a lungo sepolta nelle case, è perché «il dominio maschile, nella sua forma più insidiosa, perché invisibile – come scrive Pierre Bourdieu nel suo libro Il dominio maschile (Feltrinelli 1999) – è inscritto in tutto l’ordine sociale e opera nell’oscurità dei corpi».
 http://27esimaora.corriere.it/articolo/come-e-quanto-le-donne-sono-complici-dello-stesso-incubo-di-cui-sono-vittime/

martedì 25 giugno 2013

Ricollocazione 'Violata': chiesto un incontro con il Sindaco Mancinelli e gli Assessori Marasca e Borini

Continua la protesta per richiedere la ricollocazione della statua Violata. Le promotrici della petizione Cristina Babino e Alessandra Carnaroli hanno inviato oggi una lettera al nuovo sindaco di Ancona Valeria Mancinelli e agli Assessori alla Cultura Paolo Marasca e alle Politiche Educative Tiziana Borini per chiedere un incontro sulla questione con l’obiettivo di trovare una soluzione il più possibile condivisa e costruttiva.
La petizione, che ha ormai largamente superato le 2100 firme – tra cui le ultime importanti adesioni di Barbara Spinelli, avvocato ed esperta di femminicidio in sede ONU, della Senatrice Stefania Pezzopane e di Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario - vanta il sostegno di numerosi soggetti istituzionali, rappresentanti delle Pari Opportunità, di Associazioni in difesa dei diritti delle donne e di Centri Antiviolenza attivi in tutta Italia (vedi elenco allegato). Per mantenere viva l’attenzione e la riflessione sulla vicenda, si segnalano intanto, ad Ancona, due importanti performance artistiche e poetiche sul tema “Violata” nell’ambito dell’ottava edizione del Festival La Punta della Lingua, organizzato dall’Associazione Nie Wiem per la direzione artistica di Luigi Socci. Domenica 7 luglio, alle ore 19, presso la rotonda all’ingresso della Galleria San Martino, il geniale Antonio Rezza dedicherà alla statua Violata la performance “Volere Violare”.

Alle ore 19.30 dello stesso giorno, al Lazzabaretto, Valerio Cuccaroni, responsabile del Festival, presenterà il suo libro “L’arcatana. Viaggio nelle Marche creative under 35” (Gwynplaine 2013), con l’intervento dello stesso Antonio Rezza e la partecipazione di Alessandra Carnaroli, che leggerà alcuni testi poetici sul tema del femminicidio e della violenza contro le donne, tratti dal suo libro “Femminimondo” (Polìmata, 2011). In collaborazione con Arci Ancona e Snoq Ancona. Si segnala inoltre, sempre nell’ambito del Festival La Punta della Lingua, un’altra importante occasione di riflessione: sabato 6 luglio alle ore 21 andrà in scena al Teatro Cortesi di Sirolo lo spettacolo “La Borto” (Premio UBU 2010 “Migliore Testo Italiano” e Premio Hystrio alla Drammaturgia 2010) di e con Saverio La Ruina (premio Ubu 2012 come migliore attore italiano).

La Ruina si fa interprete e testimone della condizione femminile di un sud Italia misogino e primitivo (ma in realtà di poco precedente alla legge 194), nel quale le donne venivano trattate alla stregua di macchine riproduttrici da utilizzare fino al totale esaurimento dell’energia vitale. In un dialetto calabrese aspro e dolce al contempo, senza dita puntate o escandescenze polemiche, uno spettacolo d’impegno civile pieno di compartecipazione emotiva per il destino degli ultimi e delle ultime.

Le promotrici della petizione Cristina Babino e Alessandra Carnaroli

lunedì 24 giugno 2013

La milite ignota della violenza maschile di Silvia Baratella



  

In una società in cui l’omertà e la connivenza verso la violenza maschile sono la norma, l’idea di dedicare un monumento cittadino alle donne vittime di violenza non è male. Di certo non fermerebbe la violenza da solo, ma “incontrarlo” per la strada mi farebbe sentire più a casa mia nel mondo. E forse farebbe invece sentire fuori posto aggressori, mariti violenti e misogini vari, spingendoli a chiedersi se la loro secolare “licenza di uccidere” (e brutalizzare) non sia per caso stata revocata.

Forse la Commissione Pari Opportunità della Regione Marche aveva questo obiettivo, quando con la Regione Marche, il Comune di Ancona e varie associazioni femminili locali ha commissionato una statua da collocare su una piazza anconetana.
La statua è stata inaugurata il 23 marzo 2013. Ma l’impatto non è affatto quello che mi attendevo, anzi! Poggiata su un piedistallo su cui è affissa una targa con inciso il motto Il rispetto è un diritto, sempre e la dedica «in onore di tutte le donne vittime di violenza», è raffigurata una donna violata, che ha “diritto” allo stravagante “rispetto” di essere esibita sulla pubblica piazza con quelli che la mia amica Lia Scalici ha definito sul suo blog non «degli abiti stracciati», ma «degli stracci stracciati». Vista di fronte, gli stracci suddetti le scoprono completamente i seni e le spalle, il ventre e l’ombelico, e una gamba fino all’inguine, mentre da dietro l’unico strappo espone e incornicia le natiche nude. In pratica risultano coperte solo le braccia, con maniche lunghissime da cui spuntano appena le dita, che a sinistra reggono una di quelle scomode borsette “della nonna” con i manici a mano. In piedi, a gambe divaricate e rigida come un baccalà, fissa davanti a sé con sguardo vuoto in un volto tanto perfetto nei lineamenti quanto inespressivo. (Per l’immagine, vedi quarta di copertina.)
Imbattersi in lei per la strada sarebbe uno choc anche se non avesse la pelle blu (cianotica per il freddo?). Altro che sentirsi più a casa nel mondo, ci si spaventa! E infatti ha scioccato le donne che l’hanno vista, dal vivo o in foto. Molte hanno scritto e sottoscritto articoli e petizioni in cui chiedono di rimuoverla. Numerosi post-it con scritto Non in mio nome, firmati da donne e uomini, sono stati affissi sul piedestallo. L’artista Luna Margherita Cardilli ha coperto la statua con un accappatoio per non esporre «quelle vesti così didascalicamente strappate e quel seno indifeso» alla vista di tre sue amiche «che tutti i giorni per andare al lavoro» passeranno di lì rischiando di «rivivere il senso di impotenza e di lacerazione» di una violenza subita. Giusto: la violenza maschile non si combatte agitandone lo spauracchio davanti alle donne. Se spauracchio dev’essere, che almeno spaventi i suoi potenziali autori, gli uomini.
Ora, quale può essere la reazione di un uomo che si imbatte in quella statua? Una bella erezione, forse.
Infatti, la nostra povera “violata ignota” risponde perfettamente a tutti i clichédell’immaginario maschile: giovane, bellissima (Miss Violata, l’ha definita la mia già citata amica Lia), non un filo di grasso ma il seno voluminoso quanto basta. È stata aggredita per la strada (molte lo denunciano come un occultamento della violenza domestica), lo si capisce perché si porta appresso quella sua antiquata borsetta. Però prima di uscire si è evidentemente dimenticata di indossare la biancheria… tipica fantasia maschile. Gli strappi del suo improbabile vestito-straccio somigliano alle inquadrature di fumetti e foto porno: immagini di attributi sessuali “tagliati” dall’insieme del corpo, come per evitare di avere a che fare con la soggettività di un essere umano integro. E quanto a soggettività, col suo sguardo vuoto Miss Violata potrebbe essere una bambola gonfiabile. Non c’è rischio che il suo aggressore se ne senta giudicato, e neanche l’osservatore dell’opera. Insomma, un perfetto oggetto sessuale. Chissà, forse la pelle è blu per raffreddare un po’ i bollenti spiriti che la sua vista risveglia nei passanti maschi. Ah, a proposito: è un maschio anche l’autore, l’avrete intuito.
Insomma, invece di dirci che la città è con noi, la statua di Ancona ci grida a gran voce che il mondo ci è ostile. E non ci consola affatto il molto poco auspicabile “diritto” (quando si dice «non credere di avere dei diritti»!) di essere “onorate” in quanto vittime della violenza maschile, come si onorerebbe il milite ignoto. Ai militi, si sa, è richiesto di immolarsi per difendere la collettività, non per il piacere dei loro carnefici. Alle donne si suggerisce forse di immolarsi invece alla seconda causa? Preferisco la causa dell’inviolabilità femminile, che com’è noto non prevede il martirio ma la ricerca della propria felicità.
Alle istituzioni e associazioni marchigiane riconosco le buone intenzioni. Però, per evitare che finiscano a lastricare le vie dell’inferno, faranno bene a rimuovere la “milite ignota” e a riprovarci, magari con delle artiste.
(Via Dogana n. 105, giugno 2013)
di Silvia Baratella

Lettera al Sindaco di Ancona Valeria Mancinelli e agli Assessori Paolo Marasca e Tiziana Borini

Alla cortese attenzione
del Sindaco di Ancona Valeria Mancinelli
dell’Assessore alla Cultura e alle Politiche Giovanili del Comune di Ancona Paolo Marasca
dell’Assessore all’Istruzione e alle Politiche Educative del Comune di Ancona Tiziana Borini

Ancona, 24/06/2013

Oggetto: petizione per la ricollocazione della statua Violata


Gentile Sindaco, Gentili Assessori,

Vi scriviamo in merito alla protesta che da mesi ormai stiamo portando avanti per richiedere la ricollocazione della statua Violata, ubicata nei pressi della Galleria San Martino ad Ancona.

Un’opera di cui non ci preme discutere il valore artistico o le qualità estetiche, ma di cui contestiamo con fermezza l’associazione a un tema tanto delicato e sensibile come la violenza di genere, l’averne fatto un simbolo di denuncia e riflessione forzatamente condiviso, quando questo tragico fenomeno si presenta in una complessità e varietà tali di manifestazioni che la statua, semplicemente, non riesce a cogliere e quindi a comunicare, proponendo invece, nella nostra opinione largamente condivisa, l’ennesima immagine della donna come semplice preda sessuale.

Data la completa indisponibilità a qualsiasi forma di confronto e di ascolto a cui abbiamo assistito da parte della Commissione Pari Opportunità della Regione Marche, promotrice e co-finanziatrice dell’opera in oggetto, siamo a chiederVi  un incontro per discutere della questione e trovare una soluzione che sia il più possibile costruttiva e condivisa.

Se è vero che la città di Ancona deve affrontare al più presto problemi gravi e urgenti, è altrettanto vero che i valorie ducativi e i simboli culturali, in una società che si vuole civile e avanzata, sono importanti quanto le esigenze pratiche di ogni giorno.

La nostra petizione - che ha al momento superato le 2100 firme da tutta Italia, tra cui quelle di molte donne vittime di violenza e familiari di donne uccise per mano violenta, oltre a intellettuali, scrittori, giornalisti, artisti, attivisti per i diritti civili ed esponenti politici - avanza le seguenti richieste:

-         rimozione della statua e sua ricollocazione presso un’altra sede, anche museale

-         eliminazione dalla targa commemorativa di qualsiasi riferimento alla violenza di genere

-         sostituzione con un’altra opera, quando possibile, da selezionarsi attraverso un regolare e trasparente concorso di idee aperto a tutti gli artisti, coinvolgendo anche lescuole e la cittadinanza nel percorso di approvazione, così che l’opera serva concretamente da stimolo per una profonda e duratura riflessione sul tema della violenza di genere.

Data la portata nazionale che ormai da tempo ha assunto la nostra manifestazione di dissenso, la sua trasversalità e il coinvolgimento di  numerosi Centri Antiviolenza e Associazioni in difesa dei diritti delle donne attivi sul territorio nazionale, nonché di molti rappresentanti istituzionali delle Pari Opportunità  operanti in tutta Italia che sostengono le ragioni della petizione (v. elenco allegato), siamo certi che vorrete riservare la giusta e doverosa attenzione alla vicenda e che non vorrete perdere anche Voi l’occasione per scrivere una pagina di buona politica, a partire dal necessario confronto con le ragioni di migliaia dicittadini impegnati in una protesta legittima,civile e costruttiva.

Confidando nella Vostra sensibilità e buona volontà, porgiamo i migliori saluti e auguri di buon lavoro per il Vostro nuovo delicato incarico.

Le promotricidella petizione
Cristina Babino
Alessandra Carnaroli




ALLEGATO

Elenco delle Istituzioni e degli Organismi di Parità e Pari Opportunità che aderiscono alla petizione:

Consigliera Nazionale di Parità del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Alessandra Servidori
Commissione Pari Opportunità della Regione Piemonte
Commissione Pari Opportunità della Provincia di Mantova
Presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Mantova Claudia Forini
Commissione Pari Opportunità del Comune di Muggia (Trieste)
Commissione Pari Opportunità della Provincia di Bolzano
Vicepresidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Bolzano Franca Toffol
Rappresentante della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Bolzano Judith Gögele
Consigliera di Parità della Regione Emilia Romagna Rosa Amorevole
Consigliera di Parità della Regione Umbria Elena Tiracorrendo
Consigliera di Parità della Provincia di Terni Raffaella Chiaranti
Consigliera di Parità della Provincia di Olbia - Tempio Pausania Rosalia Brundu
Consigliera di Parità della Provincia Forlì-Cesena Eva Carmen Carbonari
Consigliera di Parità della Provincia di Trieste Gabriella Taddeo
Consigliere del Comune di Milano con delega alle Pari Opportunità Francesca Zajczyk


Associazioni per i diritti delle donne e Centri Antiviolenza che aderiscono alla petizione:

FREEWOMAN ONLUS (Ancona)
CENTRO ANTIVIOLENZA PARLA CON NOI (Pesaro)
Circolo Culturale Femminile “ANGIOLA BIANCHINI” Fano (PU)
SARTORIE CULTURALI Onlus (Pesaro Urbino)
FEMMINISMI - Donne di Fano, Pesaro, Urbino (PU)
Collettivo  VIA LIBERA 194 (Jesi, AN)
LINEA ROSA(Ravenna)                                                   
UDI Monteverde(Roma)
Comitato Promotore Se Non Ora Quando? – 13 febbraio (Roma)
Associazione TELEFONO ROSA (Mantova)
Associazione 194Ragioni (Mantova)
Comitato Territoriale Se Non Ora Quando? (Mantova)
AIDE ASSOCIAZIONE INDIPENDENTE DONNE EUROPEE (Matera)
Associazione TELEFONO ROSA (Napoli)
Associazione VOCEDONNA (Castrocaro T.me,FC)
RETE PROVINCIALE CENTRI ANTIVIOLENZA (Siracusa)   
CENTRO ANTIVIOLENZA E ANTISTALKING SAVE (Trani)  
Associazione DONNE AL TRAGUARDO Onlus (Cagliari)     
Associazione OLTREILSILENZIO Onlus (Genova)               
Cooperativa Sociale PROGETTO TENDA Onlus (Torino)
CENTRO DONNA ARCI Valle Susa (Collegno, TO)
Associazione Mafalda VOCI DI DONNE  (Biella)
WOMEN IN BLACK(Belgrado)

giovedì 20 giugno 2013

Il Moica pro Violata a rompere il silenzio non sarà Violata o i movimenti della polemica ipocrita

Il Movimento Italiano Casalinghe, MOICA Marche, aderisce alla significativa iniziativa promossa dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Marche: una statua in memoria delle vittime della violenza.Al Sindaco del Comune di Ancona

Il Movimento Italiano Casalinghe – MOICA Marche Onlus/Ong, ha aderito alla significativa iniziativa promossa dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Marche – erigere una statua in memoria delle vittime della violenza – consapevole dell’urgenza che la questione legata alla violenza sulle donne richiama nell'attuale società e con l’appoggio alla creazione della statua ha voluto richiamare l’attenzione sulla violenza di genere ed il femminicidio, rompere il silenzio e le ipocrisie che circondano questa piaga sociale.

E a rompere il silenzio non sarà di certo solo “Violata” o i movimenti che hanno fomentato la polemica (ipocrita), ma le donne che hanno sostenuto quest’opera le quali sono ben decise a far sentire la loro voce. Il loro pensiero questa volta non sarà esternato soltanto attraverso carta e penna, ma anche presentandolo direttamente nelle sedi istituzionali interessate alla questione: prendersela con la statua equivale a prendersela con il MOICA, e a questo non ci stiamo!

A fronte del numero di firme raccolte per la rimozione di “Violata” noi, e nello specifico il MOICA Marche, rispondiamo con altrettante cifre: 4.200 (senza contare la forza del MOICA a livello nazionale e internazionale), infatti, sono le socie marchigiane che, ascoltate direttamente con un sondaggio, non intendono vedersi derubate né della statua né dei principi che essa racchiude con la sua interpretazione. Certa che ascolterete la voce di tante donne che, anche se non navigano su face book, auspicano un mondo migliore, in cui la diversità femminile sia riconosciuta come dono e prezioso cemento della storia.

Elisa Cingolani Presidente Moica Marche Vice Presidente Nazionale Moica
da Assemblea legislativa delle Marchehttp://www.vivereancona.it/index.php?page=articolo&articolo_id=413150

martedì 4 giugno 2013

VIOLATA, I COMPLOTTISTI E LE PARI OPPORTUNITA’ di Loredana Lipperini

Ricordate Violata? Ma sì, dai, la statua “contro la violenza sulle donne” che però prima si chiamava “Donna con borsetta”? Ma sì, dai, quella piazzata a tempo di record e di campagna elettorale in uno slargo di Ancona con tanto di targhetta sempre contro la violenza, e naturalmente acquisita dietro compenso di 17.000 euro senza bando, senza commissione, alé. Ma sì, dai, quella che si è conquistata il disappunto di cittadini noti e meno noti di tutta Italia, subito tacciati di moralismo-bigottismo-velleità censorie perché avevano detto che non è con un paio di tette e di chiappe turchine che emergono dal vestito stracciato da ignoto stupratore (accortissimo a stracciare nei punti giusti) che si invita al rispetto e si combatte la violenza. Ma sì, dai, quella voluta dalle consigliere delle pari opportunità della Regione Marche, tutte contente perché avevano fatto una bella figura all’inaugurazione, sorde a ogni contestazione (salvo dire che chi contestavaera in malafede, fuori di testa, in complotto con oscurissimi avversari politici).
Violata, dai.
Non la ricordate? Fate in tempo a rinfrescarvi la memoria: Violata è sempre al suo posto, nonostante che icentri antiviolenza e un’infinità di scrittrici e scrittori, pensatrici e pensatori, abbiano detto che è una vergogna. Non solo: con toni alquanto schifiltosi, alle promotrici della petizione ha risposto la Consigliera di parità per la Regione Marche, e la risposta si commenta, credo, da sola.
Che si fa? Si continua a protestare. Perché questa storia, che è ben lungi dall’essere solo un episodio di provincia, dimostra che, mie care e miei cari, il ruolo e soprattutto le nomine delle consigliere di parità vanno ripensati: perché non c’è niente di peggio che essere rappresentate da chi alla rappresentazione medesima antepone ambizione politica e strategie di partito.  Oggi Violata, domani chissà.


Loredana Lipperini
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2013/06/04/violata-i-complottisti-e-le-pari-opportunita/

domenica 2 giugno 2013

Sulla statua “Violata” di Ancona risposta della Consigliera di Parità per la Regione

Rispondo all’ennesima sollecitazione delle promotrici della petizione “per la rimozione della statua Violata di Ancona” per fare chiarezza.
Le Consigliere ed i Consiglieri di Parità intraprendono ogni utile iniziativa, nell’ambito delle competenze dello Stato, ai fini del rispetto del principio di non discriminazione e della promozione di pari opportunità per lavoratori e lavoratrici.
Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198, articolo 13
Nello specifico le Consigliere di Parità sono nominate dal Ministero del Lavoro, e presso di esso sono collocate a livello nazionale, e si occupano di discriminazioni di genere nei luoghi di lavoro.
Nella Regione Marche, la Consigliera di Parità è collocata presso l’Assessorato alle Pari Opportunità e non – come peraltro richiesto dalla sottoscritta – presso l’Assessorato al Lavoro e ciò genera certamente equivoci.
Infine il ruolo delle Consigliere di Parità è di natura tecnica infatti la designazione avviene sulla base di “…requisiti di specifica competenza ed esperienza pluriennale in materia di lavoro femminile, di normative sulla parità e pari opportunità nonché di mercato del lavoro…”
Decreto Legislativo 11 aprile 2006, n. 198, articolo 13
Come ho già spiegato, sia a voce che sulla mia pagina FaceBook su cui sono stata interpellata in merito, certamente il tema della violenza mi tocca sia come donna che come persona che da circa 15 anni si occupa di tematiche di genere.
Su queste tematiche mi sono spesa unitamente alle mie colleghe con la realizzazione di seminari sull’argomento visto, anche, in relazione agli ambienti di lavoro.
Sono stata ospite d’iniziative (seminari, tavole rotonde, percorsi formativi) in qualità di esperta sulle tematiche di genere e, quale Consigliera di Parità per la Provincia di Ascoli Piceno, mi sono costituita parte civile in procedimenti contro dei datori di lavoro che usavano violenza nei confronti di loro dipendenti.
Tra l’altro non credo di dover dimostrare o motivare la mia attenzione alla tematica della violenza poiché in proposito ho scritto diversi post su questo blog  in cui è evidente la mia posizione in merito.
Tra l’altro, la statua in questione, della quale si chiede la rimozione, è stata voluta dalla Commissione Pari Opportunità della Regione Marche che è un organismo politico (le component della Commissione vengono elette) che opera in totale autonomia anche nei confronti della Regione Marche.

Per questi motivi ritengo inopportuno esprimere, nel ruolo istituzionale che ricopro, giudizi sulla statua “Violata”.