Urlo Violata è di Carla Giacchella, Gioconda Violata e Venere Violata sono di Eugenio Saguatti

Che storia è questa?

Il 23 marzo 2013, appena fuori da una galleria e dal centro di Ancona, viene inaugurata “Volata”, il monumento in onore delle donne vittime di violenza, voluto da diverse istituzioni tra cui il Comitato per le Pari Opportunità tra Uomo e Donna della Regione Marche e realizzato da Floriano Ippoliti sul modello di una sua precedente opera titolata Donna con borsa. La statua, un po’ per il colore, un po’ per l’opinabile messaggio, viene prontamente avvistata da Emanuela Ghinaglia, rappresentante del comitato Se non ora quando di Cremona, che lancia un appello su facebook al fine di rimuoverla. Cristina Babino e Alessandra Carnaroli sono le promotrici della petizione, che nel giro di pochi giorni supera le 1700 firme, loro iniziativa anche i numerosi appelli e comunicati stampa rivolti alla Commissione Pari Opportunità nella continua ricerca di un confronto e un dialogo sulla questione.

Violata ha già iniziato un nuovo viaggio e ha già conquistato nuovi significati, grazie a tutti coloro che hanno partecipato ironicamente, artisticamente, ideologicamente, concettualmente, teoricamente e praticamente alla protesta. Questo blog prova a raccogliere i contributi, gli articoli e la documentazione relativa alla vicenda, senza escludere anche i pareri favorevoli alla statua.

Qualsiasi sia il destino di Violata speriamo non sia quello di rappresentare le donne vittime di violenza, nella speranza che questo episodio sia l’espediente per affrontare meglio la quotidiana tragedia di cui le donne non dovrebbero più essere protagoniste, perché il rispetto è un diritto SEMPRE, come recita la targa su cui poggia Violata…

Elena Pascolini


mercoledì 27 marzo 2013

E se Violata potesse dire la sua?


E se Violata potesse dire la sua su tutta questa faccenda? Se non fosse una bella statuina, immobile e muta, forte solo della sua borsetta, cosa ci racconterebbe?

"Io sono Violata e voglio poter decidere cosa mettermi questa sera senza sentirmi addosso lo sguardo morboso degli altri, il giudizio tranciante, lo stereotipo fisso. Voglio tornare a casa dopo una serata con gli amici, stanca, ubriaca e con le calze smagliate senza rischiare di essere violentata da un tassista. Voglio essere una donna prima di essere madre e moglie. Non voglio essere sempre la prima della classe (e poi ritrovarmi disoccupata o con lo stipendio più basso rispetto a quello del mio collega "maschio"). Non voglio essere bella a tutti i costi. Voglio avere le rughe, i capelli bianchi e tutti i segni dell'invecchiamento: perché io valgo comunque. Non voglio essere oggetto di possesso: né sottomessa né puttana. Non voglio le quota rosa: una riserva indiana che cancella ogni valore e merito personale. Non voglio rivendicare diritti universali, libertà individuale, autodeterminazione, pari dignità e rispetto in quanto donna ma in quanto persona. Voglio un'informazione degna di questo nome, che non racconti la violenza sulle donne come frutto di un raptus improvviso, una follia d'amore, un delitto d'onore. Non voglio una politica che dichiara guerra alla violenza sulle donne e poi mi lascia con il culo a terra, con un lavoro precario e una pensione incerta, usandomi come ammortizzatore sociale, relegandomi al ruolo di cura, a badante. Voglio asili nido pubblici. Voglio fondi per i centri anti violenza. Voglio la piena applicazione della 194. Voglio dire basta all'inganno di ginecologi obiettori di coscienza. Voglio una legge che mi permetta di mettere al mondo un figlio sano senza dover emigrare. Voglio che il mio corpo non sia usato come campo di guerra per battaglie ideologiche, politiche e religiose: abusi di potere che mi vedono sempre in posizione subalterna, sempre perdente. Non voglio una religione che m'impone il modello di una madonna santissima e in lutto perenne o quello della peccatrice di merda che ci ha fatto sfrattare dal paradiso in terra. Non voglio firmare dimissioni in bianco, "nel caso, sai, restassi in cinta". Non voglio conciliare lavoro e maternità: esiste un padre. Non voglio conciliare lavoro e maternità: esiste uno stato. Voglio avere libero accesso alla contraccezione d'urgenza. Voglio dire che un no è no sempre, che una mano sola basta, che esiste lo stupro all'interno del matrimonio e che il sesso non è un dovere coniugale, non può essere mai imposto. Che quella domestica è la violenza più diffusa, che una donna giovane ha più possibilità di morire per mano di un marito o di un ex che per tumore. Che vestirsi in modo provocante, tornare tardi e divertirsi non significa essere consenziente. e voglio, fortissimamente voglio, uscire dal medioevo triste in cui mi avete messo, preda continua senza possibilità di scelta, l'offesa addosso come un marchio. Io vacca da macello, io grande bestia. di un colore pessimo, per giunta.
Non abbiamo bisogno di un altro stupro per parlare di violenza. Non abbiamo bisogno di un altro stupro per parlare di violenza. Ma di lotta perché mai più avvenga.

Alessandra Carnaroli

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.