In relazione alle
dichiarazioni rilasciate sulla stampa locale dal critico e storico dell'arte
Armando Ginesi, sentiamo l'urgenza e la necessità di replicare a quello che ci
sembra un totale stravolgimento delle intenzioni della nostra protesta. Lo
abbiamo ribadito più volte ma è evidente che ci sono ancora fortissime
resistenze, ideologiche o forse di pura convenienza, ad ascoltare le ragioni
che hanno portato all'avvio della petizione. Il giudizio positivo di Ginesi
sull'opera di Ippoliti rientra nelle prerogative del suo lavoro di critico e
come tale lo rispettiamo anche perché lo stesso Ginesi ha più volte recensito
Ippoliti in passato e quindi riteniamo conosca a fondo la sua opera. A questo
però si deve attenere, senza estrapolare commenti espressi liberamente da
alcuni cittadini sulla pagina del gruppo facebook in favore della
ricollocazione della statua Violata, proponendoli come la posizione ufficiale
di tutti i 1800 firmatari. Le motivazioni della nostra protesta, civile e
rispettosa delle istituzioni, dell'opera e dello stesso artista, sono contenute
nelle due lettere ufficiali che abbiamo inviato agli organi competenti, rimaste
senza risposta da parte delle Istituzioni (se non il rifiuto a ricollocare la
statua) e che sembrano venire ignorate di proposito dai nostri interlocutori
nel tentativo di sottrarsi al dialogo e al confronto con i cittadini. Nelle due
lettere ufficiali, come nei quesiti inviati ieri ai candidati sindaco, abbiamo
chiesto la ricollocazione della statua in una sede museale, l'eliminazione dei
riferimenti alla lotta contro la violenza di genere e la sua sostituzione con
un'altra opera da selezionarsi attraverso un concorso di idee pubblico e
trasparente, coinvolgendo anche la cittadinanza e le scuole. Rigettiamo quindi
qualsiasi reiterato accostamento della nostra protesta a Hitler e ai nazisti
che bruciavano libri e opere d'arte o alla propaganda stalinista, ricordando a
chi ha usato questi infelici e assurdi paragoni che siamo un gruppo di liberi
cittadini che porta avanti una protesta in modi del tutto legittimi e civili,
mentre i nazisti, più volte evocati, erano al potere e lo esercitavano con
violenza insieme alle censure che imponevano. Le parole hanno un peso e un
significato e non pensiamo di dover essere noi a ricordarlo. Sottolineiamo per
l'ultima volta che tra i firmatari e sostenitori della petizione ci sono, oltre
a semplici cittadini, molte donne vittime di violenza che si sono sentite
offese dagli esiti di questa operazione e moltissimi intellettuali, poeti,
artisti e studiosi d'arte, giornalisti, esponenti del mondo della cultura e
professionisti impegnati nella lotta agli stereotipi di genere di tutta Italia.
Particolare, questo, che rende risibile qualsiasi allusione a un tentativo di
censura da parte nostra. Il rispetto dell'artista e della sua libertà di
esprimersi non è mai stato messo in discussione. Quello che contestiamo con
forza e determinazione è che questa opera, finanziata in larga parte con fondi
pubblici, sia stata imposta alla collettività come simbolo forzatamente
condiviso di un tema tanto delicato, che tocca l'esistenza e la coscienza di
moltissime persone: un tema che non deve essere affrontato riducendo la vittima
a preda sessuale ma attraverso l'impegno contro le discriminazioni di genere e
una cultura patriarcale che legittima il diritto al possesso e la riduzione
della donna ad oggetto.
LE PROMOTRICI DELLA PETIZIONE
Cristina Babino
Alessandra Carnaroli
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